Ed è proprio in suo onore che 
viene corsa ogni anno L'Ardia di Sedilo, nel ricordo della Battaglia vinta da Costantino il 
Grande, combattuta nel 312 a Ponte Milvio (Roma) contro le truppe di Massenzio.  
La leggenda, arcinota, vuole che prima di incrociare le armi con soldati nemici, a Costantino 
fosse apparsa nel cielo una croce luminosa con la scritta: In Hoc Signo Vinces (con questo 
segno vincerai). L'anno successivo Costantino il 
Grande emanò un editto con il quale accordava ai cristiani la libertà religiosa, ordinando 
anche la restituzione di tutti beni confiscati alle loro comunità. Questo gli valse il nome di 
primo imperatore cristiano della storia.  
E certo si deve a Costantino l'inizio del processo di cristianizzazione 
dell'umanità.
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Abolì il supplizio della 
crocifissione, in ricordo della morte di Gesù; la croce, da strumento di morte, diventò simbolo 
di salvezza; vietò la marchiatura sulla fronte dei deportati; migliorò la condizione degli 
illegittimi; si occupò dei bambini abbandonati, proibendo ai padri di uccidere o di vendere i 
propri figli per mancanza di mezzi di sostentamento. Iniziò la liberazione degli individui da 
tutte le oppressioni, protesse la famiglia, reprimendo il malcostume e ridusse i motivi di 
divorzio. Nei 25 anni di regno insomma, fu autore di molte riforme; come diremmo oggi, fece 
interventi nel sociale, di grande spessore.
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Si macchiò però di una colpa atroce: fece uccidere 
la moglie Fausta ed il figlio Prisco, probabilmente perché istigato e ingannato dalla stessa 
moglie, matrigna del ragazzo. Ma torniamo alla sagra: Non 
vi sono testimonianze certe che indichino con precisione la data di inizio di questa festa di 
popolo. Noi preferiamo riferirvi la versione più fantasiosa, certamente lontana dalla verità 
storica che nessuno conosce, ma proprio per questo più vicina alla leggenda.
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Un giorno, si dice, (siamo nel 
sedicesimo secolo) un ricco proprietario di Scano Montiferro, un paesino non lontano da 
Sedilo, mentre era intento al lavoro nei campi, venne rapito dai mori (i turchi) che avevano 
fatto un incursione nelle nostre coste, e portato a Costantinopoli. Lo resero servo e lo fecero 
lavorare giorno e notte, e quando cadeva esausto, lo costringevano, a bastonate, a riprendere 
il lavoro interrotto.
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